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Conservatorio di Como, facciata



ELETTROSENSI

Nel quadro degli scambi europei e nazionali fra istituzioni che si occupano e producono musica con nuove tecnologie, presentiamo, in questa occasione, il lavoro tecnicointerpretativo svolto dalla classe di Musica Elettronica del Conservatorio di Cuneo su alcune delle composizioni di uno degli autori contemporanei più significativi: Karlheinz Stockhausen.

Il lavoro tecnico-interpretativo del repertorio di Musica Elettroacustica è uno degli snodi e delle attività importanti che riguardano la diffusione e fruizione della musica con le nuove tecnologie. Così come in generale nella musica strumentale, l’ esecutoreinterprete riveste un ruolo fondamentale, anche nel repertorio elettroacustico la cura delle installazioni tecniche, la ricerca del suono nelle sue nuove forme di relazione con lo spazio, l’esecuzione stessa e la sua qualità tecnica ed interpretativa rivestono un altrettanto ruolo fondamentale e creativo. Sentiremo quindi musica di Karlheinz Stockhausen eseguita e interpretata da giovani studenti del Conservatorio di Cuneo e sarà sicuramente interessante ascoltare la loro lettura dei lavori in programma, di questo compositore di importante riferimento per tutta la musica contemporanea.
Giovanni Cospito



Ensemble Elettroacustico del Conservatorio di Cuneo

Lunedì 19 aprile 2004 - ore 20:15
Auditorium del Conservatorio di Como - Via Cadorna, 4

Concerto

Karlheinz Stockhausen
Gesang der Jünglinge (1956) per nastro magnetico in quadrifonia
Bruno Sorba - regia del suono

Karlheinz Stockhausen
Zyklus (1958) per un percussionista
Nicola Campanella - percussione

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Ensemble Elettroacustico del Conservatorio di Cuneo
L’ Ensemble Elettroacustico del Conservatorio di Cuneo, nasce nel 2001 all’interno del dipartimento per la nuova musica del Conservatorio piemontese. Questo ensemble dall’organico flessibile avvicenda giovani musicisti impegnati in un costante lavoro di ricerca e collaborazione con l’ambizioso obiettivo di affrontare un repertorio complesso come quello per organici tradizionali affiancati dalle nuove tecnologie in tempo reale. Dopo un intenso periodo di preparazione sotto la guida del M° Stefano Bassanese, l’ensemble ha esordito presentando un programma monografico dedicato all’opera di Karlheinz Stockhausen, eseguito nell’ambito di importanti rassegne di musica contemporanea quali “La costruzione del suono” di Venezia ed il Festival “Manca” di Nizza.

L’anno seguente l’ensemble ha prodotto una serata monografica dedicata alla musica di Luigi Nono nel corso della stagione artistica del Conservatorio di Cuneo, avvalendosi della collaborazione del pianista Alessandro Commellato, del mezzosoprano Colette Hochain, dei percussionisti Riccardo Balbinutti, Paolo Tini e di altri giovani strumentisti del Conservatorio Verdi di Torino. Tra i progetti futuri vi sono l’allestimento di “Acustica” di Mauricio Kagel e il proseguimento dell’esplorazione del repertorio elettroacustico stockhauseniano con lo studio delle composizioni “Plus-Minus”, “Kurzwellen” e “Spiral”.

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Stockhausen intendeva costruire letteralmente i suoni a partire dai modelli della voce, in una scala compresa tra il semplice (la vocale) e il complesso (la consonante, ossia il rumore), così che la voce vera e propria, sottoposta a ogni tipo di trattamento, e organizzata secondo ‘scale di comprensibilità’, si affianca e si integra a suoni sintetici che vanno dal suono puro di un’onda sinusoidale fino al ‘suono bianco’.

Suono registrato e suono ‘costruito’ possono così confondersi l’uno nell’altro in una sintesi di grande ambizione teorica, ma praticamente realizzata, che è oggi tanto più impressionante, in considerazione dei mezzi tecnici del 1956, inconfrontabili, per praticità, alle possibilità tecniche anche soltanto di vent’anni dopo.

Zyklus, del 1959, è invece stato il primo pezzo mai scritto per percussionista solo. Influenzato in parte da Cage, Stockhausen stava in quegli anni sperimentando aspetti di parziale indeterminazione e ‘apertura’ delle forme senza perciò rinunciare a una progettazione minuziosa degli eventi sonori. Qui il solista, muovendosi all’interno di uno spazio delimitato dalla disposizione in cerchio dei suoi strumenti (13 per la precisione), legge da una partitura di sedici pagine con la facoltà di cominciare da una qualunque. Queste pagine forniscono il materiale per 17 ‘periodi’ della stessa lunghezza e durata. Nove dei tredici strumenti impiegati possiede un suo proprio ‘ciclo’ che attraversa tutto il pezzo, emergendo in primo piano o recedendo sullo sfondo - ma la distribuzione dei momenti culminanti è accuratamente sfasata.

La microfonazione e l’amplificazione degli strumenti è facoltativa; aggiunge però notevole chiarezza all’ascolto: il pubblico infatti si trova al centro degli eventi sonori, che si muovono circolarmente attraverso la sala, in corrispondenza del percorso del solista.

Con Mikrophonie I, del 1964, Stockhausen inventa il primo brano live electronics mai realizzato. Sperimentando su scala ‘sinfonica’ una vecchia idea - ancora - di Cage, ossia l’amplificazione di eventi sonori microscopici, abbiamo qui un grande tamtam attorno al quale si sviluppa una specie di rituale sonoro i cui attori sono due percussionisti e due ‘microfonisti’. Gli esecutori veri e propri sollecitano il tamtam con una varietà di oggetti (battenti diversi, ma anche pezzi di polistirolo, contaminuti da cucina, vibratori ecc.) e una varietà massima di modi di attacco, mentre i microfoni, usati come stetoscopi, percorrono la superficie del tamtam, seguendo i movimenti dei percussionisti o le loro conseguenze in altre zone dello strumento. Il segnale viene inviato al tavolo di regia, dove altri due esecutori si incaricano di trasformarlo in tempo reale per mezzo di filtri e regolando, anche qui, la distribuzione spaziale del segnale nel sistema di altoparlanti. La varietà sorprendente di ciò che succede nella mezz’ora della durata prevista dalla partitura - che lascia ampia facoltà di scelta nel ‘montaggio’ dei vari - deriva così dalle molteplici, sempre diverse conseguenze delle sonorità naturali di un unico corpo vibrante.

Veniero Rizzardi

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Note
Karlheinz Stockhausen è esclusivamente impegnato da circa venticinque anni nella composizione del ciclo Licht (Luce), sette opere per i sette giorni della settimana (di cui cinque completate), smisurata epopea con cui, se non altro nelle proporzioni, ha già superato Wagner. Questo era sicuramente nelle ambizioni di Stockhausen, allorché nel 1978, all’età di cinquant’anni, prese la decisione di consacrare il resto dei suoi giorni all’edificazione del suo mausoleo musicale. Chissà se, date le attuali tendenze del mercato musicale, Licht sopravviverà, nel repertorio, al suo creatore. Di sicuro Stockhausen si è ritagliato un ruolo centrale, nella musica del XX secolo con i suoi lavori degli anni ’50 e ’60, che nessun revisionismo riuscirà a mettere in discussione. Stockhausen è anche un compositore di primati: Gesang der Jünglinge (1956) è stata la prima composizione elettroacustica in cui la distribuzione spaziale delle fonti sonore ha un ruolo strutturale: alla prima esecuzione quattro diffusori erano posti agli angoli della sala e un quinto sospeso in alto, al centro.

All’epoca si disponeva di magnetofoni a una o due piste soltanto, e Stockhausen poté utilizzare uno speciale sincronizzatore per due magnetofoni a due tracce, per cui la quinta traccia venne sincronizzata manualmente: il risultato insoddisfacente della ‘prima’ consigliò di semplificare le cose, così la quinta traccia fu incorporata alla quarta e da allora il brano è rimasto fissato nel formato quadrifonico.

Non era soltanto la concezione spaziale del pezzo a sfiorare l’utopia. Il punto di partenza di Gesang, dice Stockhausen, fu quello di unificare suoni vocali - la voce di un bambino che intona brani del Canto dei fanciulli nella fornace ardente (da un Vangelo apocrifo, il Terzo libro di Daniele) - e suoni artificiali secondo un progetto ben preciso.